Di seguito, piccole amarezze.
Non siete necessariamente tenuti a sapere come Christopher Walken sia uno dei miei interpreti preferiti, praticamente l’unico attore che mi spinga a vedere film per la sua presenza. Adesso lo sapete. E probabilmente sapete anche quanto siano rari i film in cui compare in ruoli di primo piano, e ancora di più quelli che non sono delle cosette di serie b, o al massimo in zona retrocessione.
Un film con Walken e Tom Waits, diretto dal regista che con In Bruges s’era dimostrato apprezzabile, è un evento che richiederebbe l’istituzione di una festa pagana.
7 Psicopatici, da vedere assolutamente in lingua originale sennò davvero non ha senso, è un filmetto dove s’intrecciano un po’ di storielle violente, con un gusto per l’aneddotica e lo storytelling che si annoda su sé e sceglie sempre la soluzione grottesca. Il film mantiene sempre lo stesso tono e la stessa tensione, arrivando al paradosso di una manciata di storie dove gli snodi narrativi passano (involontariamente) inosservati.
(3/5)
Seconda amarezza.
Questa più decisa. Di nuovo Walken, stavolta con Al Pacino, in un film di vecchi gangster che sparano le ultime cartucce. Se la pellicola di McDonagh almeno offre qualche guizzo attoriale soddisfacente, l’esordio di Fischer Stevens trasuda stanchezza.
La parola “crepuscolare” viene solitamente accostata a un’opera cinematografica con un significato profondamente commosso e positivo: comprende nostalgia, epica e antiepica, eroi colpevoli e silenziosi, rughe, sacrificio e rassegnazione. Non in questo caso. Stand Up Guys è crepuscolare nel modo più spietato e realistico, presentando un tris di vecchie glorie (c’è anche Alan Arkin) costrette a uno script banale e ripetitivo, crivellato da inspiegabili salti logici e malinconicamente risibile, quando addirittura scimmiotta Tarantino.
(2,5/5)
My relatives always say that I am wasting my time here at net, except I know I am getting familiarity everyday
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