Wong Kar-wai ha soddisfatto gran parte del bisogno di romanticismo di una generazione. Per riuscirci ha creato un cinema estetizzante, che fosse distorto e videoclipparo (Hong Kong Express, Angeli Perduti) o statico e simmetrico (In the Mood for Love). In ogni caso abitato da nuvole di fumo al ralenti, figure in controluce, illuminazioni al neon e musiche da sentimental mood. Sono più rari i casi in cui il regista di Hong Kong, nome di punta della più interessante nuova onda dei ’90, sia riuscito a tenere una qualche forma di equilibrio, di quelli in cui si è lasciato andare a storie e soluzioni visive radicalmente melodrammatiche e manierate. Abbracciando, fra l’altro, un autocitazionismo estremo, forse risultato di un ritorno irrinunciabile a temi e personaggi così intimi.
Ciò nonostante, non possiamo non dire di aver amato Wong Kar-wai, e un suo film porta con sé l’intera storia del regista, e un po’ delle storie individuali degli spettatori.
Superati il loop kitsch di 2046 e il clone sbiadito Un Bacio Romantico, The Grandmaster è un film nuovo, un colossal storico ambizioso e calligrafico. La vita del maestro d’arti marziali Yip Man taglia il Novecento cinese, attraversando scontri fra clan, amori negati e una guerra col Giappone. Wong impone il suo sguardo in ogni momento, alla ricerca di un cinema ancora più grande della vicende narrate, imponendo una (pre)visione del quadro così definita da renderlo spesso superficie fredda. Le lunghe scene di combattimenti – sotto la pioggia o la neve, delimitate da un infinito treno in corsa che taglia lo schermo per minuti, o alla ricerca di una sovrannaturale leggerezza fisica e poetica – sono complesse coreografie, e al tempo stesso il mezzo principale con cui delineare e approfondire le personalità dei protagonisti e le dinamiche che li connettono e dividono. In uno stile che ibrida l’ipercinetismo degli esordi con la successiva sospensione fotografica, Grandmaster frammenta il quadro in una rincorsa di dettagli, trasformando alcune sequenze in una galleria di movimenti minimi e di espressioni del volto.
Grandmaster ha la sostanza di un’epica nostalgica e sintetica, in una parabola storica che perde buona parte della forza dell’affresco complessivo per concentrarsi sull’affezione della singola immagine, dei volti e degli sguardi, lasciando che il tempo scorra in secondo piano.
Al cinema dal 19 settembre.
(3,5/5)
a me piaceva il ralenti orientale. un asiatico che fuma o mangia gli spaghetti al ralenti é già indizio di un buon film. ma qui c’è talmente tanto ralenti che certe parti sono come un film scattoso in streaming!
ob
ciao dotto’.
quanto dici è vero, ma devi anche concedermi le attenuanti della componente affettiva. all’inizio grandmaster mi sembrava eccessivamente vuoto, poi m’è sembrato che l’impegno di wong fosse sostanzioso e da apprezzare. e un paio di scene come il funerale sulla neve e il combattimento con lo sfondo del treno infinito sono da apprezzare. e anche la protagonista femminile è un personaggio niente male. è un film che vorrebbe essere romantico e invece è soprattutto freddo e artefatto, ma il sentimento può nascere dove meno te lo aspetti.
Amo tantissimo Wong Kar-Wai (su tutti, Hong Kong Express, che secondo me è uno dei film più belli degli ultimi trent’anni, e 2046) e questa sua virata più action (a quanto intuisco dal post) mi sembra molto interessante. per non parlare poi del fatto che il film ha anche connotazioni storiche interessanti (forse simili a quella di Zhang Ymou e al suo Hero), per cui credo proprio che lo andrò a vedere. Saluti!
Uno dei migliori film dell’anno, una vera gioia per gli occhi e le orecchie.
La mia + BONUS: making of, interviste, alcune clip e colonna sonora. Meglio dei contenuti extra del DVD
http://filmbusterds.blogspot.it/2013/09/the-grandmaster-di-wong-kar-wai.html
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No mi spiace ma io Wong kar-wai non lo capisco più. The Grandmaster l’ho trovato troppo calligrafico, troppo fissato sul dettaglio, sul cromatismo, sul gesto e troppo poco sul racconto. Il cinema di WKW mi sembra che si sia svuotato. e poi basta con i combattimenti sotto la pioggia, basta