Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera (Andrej A. Tarkovskij 2019) “Io non faccio filosofia, faccio cinema”

Il documentario su Andrej Tarkovskij curato dal figlio viene a ricordarti cosa sia il cinema, il perdersi nello stesso, cosa sia la bellezza. E per farlo sceglie la forma migliore: quella della linearità e della chiarezza. Se l’oggetto è uno dei più grandi cineasti mai esistiti, il suo pensiero e le sue opere, è bello che si parli di questo, senza  cercare un’artificialità del documentario che non potrebbe competere con la forma del suo oggetto. Quello di Andrej A. Tarkovskij è un viaggio cronologico nelle opere e le vicende del padre che non ha bisogno di altra forza se non quella dei preziosi documenti, custoditi in gran parte a Firenze, in cui si riportano gli snodi della vita dell’autore russo, il susseguirsi delle sue opere e l’esistenza che ognuna di essa racchiude, l’idea del cinema, dell’arte, del ruolo dell’artista. Tutti elementi che nella figura di Tarkovskij si intrecciano e si completano, probabilmente l’esempio più puro di come questo possa accadere.

Attraverso filmati sul set, registrazioni di interventi pubblici e riflessioni intime, fotografie e vecchi articoli di giornale, oltre naturalmente agli stralci dai film, il documentario riporta le idee espresse in Scolpire il Tempo, il libro di cinema più bello e intenso mai scritto. Un viaggio lungo il percorso che avvicina il suo cinema alla poesia più di ogni altra cosa, e un’immersione in riflessioni dense, distillate, che riguardano anche molto altro. Unica “pecca” di Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera, che lo si sarebbe guardato molto più a lungo, e non sarebbero mancati i materiali per approfondire le singole pellicole. Ma rimane una bellissima esplorazione di 97 minuti nel ricordo di cosa, del cinema, possa fare innamorare, e di come il mezzo possa essere scelto da un artista che voglia provare a comprendere, e lasciare avvicinare, la propria interiorità.

(4/5)

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