Squid Game (Hwang Dong-hyuk 2021), impressioni veloci

Trovo sempre piuttosto fastidioso che la dimensione pop prevalga su tutto, con l’immediata frenesia emulativa per bambole meccaniche, biscotti, maschere. Soprattutto quando il tema dichiarato è l’opposto del lasciarsi dominare da quel che è richiesto e da quanto ti rende conforme. Ovviamente l’aspetto glam della produzione non è un incidente, è parte della sua impostazione, anche se non credo avessero previsto un impatto tale. Ma questo riguarda soprattutto il rapporto fra opera e pubblico, che in tutte le produzioni a loro modo spettacolari si basa sul fraintendimento.

La serie in sé non mi è dispiaciuta, certo è sfacciatamente didascalica e alcune cose, come la resa dei VIP, sono realizzate in maniera molto rozza, con frasi e circostanze terribilmente stereotipate. Ma Squid Game è tutto sommato meno esasperato e morboso di altri prodotti coreani, e il meccanismo e la direzione nel complesso funzionano, anche grazie a qualche momento di scrittura ben calibrato.

(3,5/5)

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