Dune 2 (Denis Villeneuve 2023)

Con Dune 2 Denis Villeneuve completa la trasposizione del primo romanzo del ciclo iniziato da Frank Herbert nel 1965, con l’intenzione, dichiarata da tempo, di concludere una trilogia filmica con l’adattamento del secondo libro, Messia di Dune, pubblicato nel 1969.

Dune 2 funziona, e presenta, rispetto al primo film, una maggiore commistione della storia con le caratteristiche registiche dell’autore: Villeneuve porta modifiche più evidenti all’intreccio, anche semplificandolo, rendendolo più cinematografico e, presumibilmente, preparandolo a una compiuta definizione con il terzo atto. Dune 2 è un film che sa essere feroce, nella definizione dei personaggi e del loro destino (delle molteplici sfumature che l’idea di destino assume di volta in volta nel racconto), vestito di quella forza visiva rigorosa e immaginifica assieme, che è la cifra del resista canadese. A supportarlo, la fotografia di Greig Fraser e le musiche di Hans Zimmer, sempre molto presenti, ma stavolta meno pompose e più al servizio delle immagini, e talvolta disposte a farsi da parte per lasciare ascoltare il silenzio del deserto o i suoni netti degli scontri. Trovano così spazio scene di grande impatto, come quella iniziale, dalle forti dominanti rosse e le linee espressioniste, o il bianco e nero fantasmatico dell’azione sul pianeta Giedi Prime. Un rigore che ricorda quello di Sicario, carico di tensione e capace di valorizzare le sospensioni narrative per dare spazio all’immagine.

Villeneuve, come detto, si prende alcune libertà, e attraverso queste scelte, essenziali da compiere per realizzare un buon adattamento (che non può mai essere un calco del materiale di partenza), riesce a interpretare le caratteristiche fondamentali del libro. Quella di Dune rimane una storia che riguarda le masse, i popoli, i mondi, prima degli individui, è una fantascienza etnologica in cui le parti rispecchiano sia le diverse popolazioni del nostro pianeta, sia le distinte pulsioni dell’essere umano. Un’ottica così ampia, per funzionare, evita di concentrarsi sui singoli personaggi e anche sul personaggio principale (scelta non facile per un titolo mainstream), che subisce la propria investitura, imposta esternamente da quelle stesse masse. In questo si riporta fedelmente il messaggio di Herbert, che non ha mai voluto presentare il suo messia come una promessa o una salvezza, quanto come una tentazione.

(4,5/5)

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