Paterson (Jim Jarmusch 2016). Il maestro del cinema minimalista e indipendente firma il miglior film dell’anno

paterson-slowfilm-locandinaDunque non sono rotto, almeno non del tutto, quando arriva un film così ancora riesco a immergermi completamente. Paterson è un’opera che fa ringiovanire, un ritorno al cinema che riporta alle prime emozioni legate alla scoperta di Jim Jarmusch, al minimalismo poetico e alle coincidenze che danno identità a ogni giornata, al romanticismo che l’età adulta rende ancora più ricco di incertezze.

Una settimana nella vita di Paterson, autista di autobus della città di Paterson, New Jersey, scandita dal lavoro, la passione per la poesia, la creatività della compagna e i rantoli di un bulldog inglese. Jim Jarmusch, ancora più del solito, sembra parlare di sé e del suo modo di elaborare il tempo e la vita, di definire il valore delle cose e le esperienze, in un autoritratto più asciutto e spontaneo rispetto al precedente, piuttosto didascalico, Solo gli Amanti Sopravvivono. Paterson, con i sottofondi strumentali accennati, i quadri frontali che raramente ricercano il movimento di camera, il testo di Ron Padgett scritto e recitato che compare sullo schermo, descrive la realtà e la difficoltà del doverne far parte, e incarna anche uno dei più riusciti incontri fra cinema e poesia dai tempi di Il Cielo Sopra Berlino. I protagonisti perfettamente in parte, Adam Driver ormai ricercato da ogni genere di cinema e la splendida Golshifteh Farahani, sono figure e sguardo in una sintassi filmica impeccabile nella costruzione di una distanza colma di empatia. Il montaggio ricorsivo e le scelte della narrazione ricordano come una storia universale – quella della ricerca di sé e della propria relazione col mondo, che inevitabilmente tocca tutti – possa essere raccontata attraverso l’identità dell’episodio, dei gesti, delle abitudini destinate a essere stravolte. Le grandi e piccole variazioni, le pause, i dettagli, diventano tutti significativi, sguardi attraversati dal fascino di altre esistenze.

Non è lo svolgimento di una storia rumorosa già vista troppe volte che può incollare allo schermo, ma la sorpresa della vita e delle piccole ossessioni, ricercate e riportate con complicità da un grande narratore. Un’occasione per riscoprire la differenza tra i film che mostrano solo loro stessi e quelli che, come Paterson, sono più grandi delle singole parti, acquisiscono una definita personalità nella loro completezza, e invadono i pensieri nel mondo esterno, fuori dalla sala. Sullo schermo scorre una settimana di Paterson raccontata da Jim Jarmusch, e si rimarrebbe a guadarne molte altre.

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(5/5)

10 pensieri su “Paterson (Jim Jarmusch 2016). Il maestro del cinema minimalista e indipendente firma il miglior film dell’anno

  1. Lietissimo di leggere che una delle penne più argute, colte, appassionate ed intelligenti di WordPress abbia espresso un giudizio complessivamente assai entusiastico di un film che ancora adesso, ad ore dalla sua visione, mi affascina in modo da me non prevedibile. Decisamente una delle cose più belle viste nel 2016

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  2. Ciao Kasabake, sono contento sia piaciuto tanto anche a te, e sì, è uno di quei film che frullano in testa per giorni. Quella con Jarmusch è una vecchia storia, che risale alla nascita della mia passione per il cinema, qui è in una delle sue forme migliori e questo mi entusiasma. Quasi tutti i suoi titoli, ad ogni modo, sono imprescindibili, e dovessero mancarti consiglio Down by Law e il poco conosciuto, ma esemplare, The Limits of Control.

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  3. Ti ringrazio per il pensiero e condivido la segnalazione, ma ad occhio e croce direi che della sua filmografia mi manca solo il docu-film sul concerto di Neil Young ed il suo primissimo lungometraggio, per il resto non mi sono fatto scappare nulla dal giorno che vidi il film con Benigni (il bellissimo appunto Down by Law), recuperando poi il precedente Stranger than Paradise e da lì in avanti fedele spettatore di una filmografia comunque molto coerente, nei suoi alti e bassi, per la quale oltre tutto si può davvero ancora parlare di cinema indipendente…
    Tra l’altro, un mio carissimo amico e fumettista bolognese, Mauro Nobilini, ex-componente del gruppo ruotante intorno alla storica rivista Frigidaire, è il sosia sputato di Jarmusch!!
    Anche se con alcuni vistosi difetti, a suo tempo apprezzai molto anche Broken Flowers, a mio avviso una delle prove migliori tra l’altro di Bill Murray…
    Ancora complimenti per la tua recensione, ma sappi che è sempre un piacere leggerti!

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  4. Grazie ancora per l’apprezzamento :) Abbiamo fatto, quindi, un percorso molto simile. Io il titolo che ho amato meno è Only Lovers, ma devo rivederlo, l’ho comprato apposta, magari non era serata. Jarmusch, Tom Waits, Nick Cave, Nei Young e altri, in base a tratti fisionomici comuni, si sono autonominati Sons of Lee Marvin, costituendo anche un setta evidentemente non abbastanza segreta. Forse il tuo amico è uno di loro.

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