Hostiles – Ostili (Scott Cooper 2017). Molta violenza per un film innocuo

hostiles slowfilm recensioneIl western, come la fantascienza, è un genere nobile, adatto a svolgere più o meno ogni discorso. Dagli anni ’70, attraverso la destrutturazione di Altman, Peckinpah, Hill e gli altri, si può leggere nel western l’evoluzione di tutto il cinema, fino a contarne gli anelli di crescita. È, ancora oggi, un campo in cui poter sperimentare immersioni nell’umano, tanto quanto iperviolente ibridazioni pop.

Hostiles, la nuova epopea pionieristica con Christian Bale, non trova, invece, la sua cifra. Vuole essere un western contemporaneo, ma finisce solo per snaturare il discorso classico, inquinando entrambi i mondi. Rispolvera i pellerossa selvaggi e assetati di sangue, per poi procedere alla loro necessaria riabilitazione, senza che questa sia supportata da una effettiva evoluzione narrativa. Costruisce personaggi monolitici e violenti, che si raccontano come tali, e ne stravolge l’essenza: da una scena all’altra cambiano, semplicemente guidati dall’esigenza di raggiungere una definizione più al passo coi tempi. Hostiles, per il resto, è un film ben girato, e la fotografia di Masanobu Takayanagi riesce a riproporre uno degli aspetti più affascinanti del genere, l’inglobante – decisivo e indifferente – che è nell’ambiente e nella natura. Anche per questo, l’impressione più forte è quella che il film di Scott Cooper sia prima di tutto un’occasione mancata.

(3/5)