Burning – L’amore brucia (Lee Chang-dong 2018), un trionfo orientale

Perché limitarsi a parlare di un film quando si può anche sparlare di un altro? Burning – Beoing, di Lee Chang-dong, ha tematiche in parte sovrapponibili a Parasite (in Corea è da un po’ che si mangia di questo), solo che è un ottimo film. Invece di essere un gioco a incastri barocco e pretestuoso, è un film finalmente silenzioso, un trionfo orientale con i giovani eterei e dimenticati del taiwanese Hou Hsiao-hsien, l’assenza di empatia e la lotta di classe coreana, che rilegge un racconto del giapponese Haruki Murakami. Assieme all’influenza occidentale, americana ed europea, a Miles Davis che al tramonto suona per Louis Malle.

La ragazza e i due ragazzi di Burning, diversi fra loro per provenienza, censo e aspirazioni, sono tutti e tre abbandonati, vivono solo la loro esistenza senza condividere passato né futuro. L’altro aspetto che accomuna gli elementi del triangolo è la tendenza a compiere piccole sopraffazioni, vendette, a identificarsi con il lato più oscuro di sé. Il fuoco di Burning è una brace nascosta, non rivela la sua grandezza e si alimenta sotterraneamente. Lee Chang-dong racconta tutto con una regia meravigliosa, fatta di movimenti leggeri e decisi e ossessivi dettagli casuali, campi lunghi, punti di vista inattesi che spiano da lontano e sprazzi di bellezza disperata, pronta a perdersi.

Costruisce storie allo stesso tempo vere e false, senza dare ai protagonisti la forza di affrontare l’incertezza. La ragazza, Jeon Jong‑seo, è bravissima, fin dai primi sguardi, a dare ambiguità al suo personaggio. Nella scena centrale della danza al crepuscolo, in controluce, protende le braccia, come la protagonista di Millennium Mambo nel tunnel, provando a uscire dal pozzo in cui è caduta, e in cui sta crescendo. I due ragazzi incarnano la tensione, la passione negata, il non detto e il non dicibile. Burning è un film limpido senza bisogno di spiegarsi, che vale nel suo complesso, piuttosto che nell’accumulazione di trovate che hanno il solo scopo di compiacere lo spettatore.

(4,5/5)

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