Solo roba buona: Malcolm e Marie, A Sun, La Ragazza d’Autunno, The Witch, Little Big Women

Se dei film che mi sono piaciuti non appunto qui qualche riga non riesco a farmene una ragione. Sarà una cosa ossessiva, ma non la peggiore fra le ossessioni. Mi riallaccio a quel Robert Eggers che dal Faro mi ha portato a The Witch (o The VVitch, 2015). Vero, The Lighthouse è più indefinito, ambizioso, cervellotico, ma in un modo che me l’ha fatto piacere davvero tanto. The Witch pure non aderisce ai canoni dell’horror cinematografico (che mi attirano poco), ma si avvicina molto di più alle radici dell’horror letterario, quello che nasce dalle paure rurali, dalle fiabe intimamente terribili che raccontano la crudeltà dell’uomo e della natura, che all’uomo impone la miseria. The Witch propone una costruzione pittorica dell’immagine, come elemento della messa in scena filologica di una fiaba nera di qualche secolo fa. È un film ossessivo e riuscito, non disordinato e irrazionale come il lavoro successivo del regista, ma d’impatto e compiuto; già interessante, ma proprio per questi motivi meno interessante. Protagonista la giovane regina degli scacchi Anya Taylor‑Joy. (3,5/5)

La Ragazza d’Autunno (Kantemir Balagov 2019) è un film tosto e molto bello, un romanzo russo e un racconto della guerra attraverso le ferite che lascia sulla gente, le vicende di due ragazze che dalle macerie cercano di creare una loro storia. Il tutto in una costruzione di quadri e di sguardi giocata su splendide composizioni cromatiche (da citare come co-autrice la direttrice della fotografia Ksenia Sereda), con al centro il verde e il rosso a identificare e fondere le protagoniste. Nota a margine, Kantemir Balagov è un 29enne con la faccia da ragazzino, che ha studiato con Sokurov e ha firmato il suo primo film di rilievo internazionale, Tesnota, a 26 anni, come Welles. È su Prime. (4/5)

Altro consiglio molto sentito, per quando si ha voglia di un filmone: A Sun, film del 2019 del taiwanese Chung Mong-hong. Autore classe 1965, che in questo titolo dimostra cosa sia costruire una storia con maturità, consapevolezza e sensibilità. Sin dalla nuova onda orientale a cavallo dei millenni, quella taiwanese, trascinata da Tsai Ming-liang e Hou Hsiao-hsien, è spesso la filmografia più compiuta ed equilibrata. A Sun non ha i tempi lunghi e l’autorialità radicale dei maestri, ma una storia familiare completa che tocca diversi registri drammatici senza esasperarli (problema di molti coreani), conservando un’attenzione per i volti e gli spazi che, se ce ne fosse bisogno, riconcilia col cinema. Bellissimo. Lo si trova su Netflix. (4,5/5)

Sempre su Netflix si trova anche l’altrettanto taiwanese Little Big Women (Joseph Chen-Chieh Hsu 2020), campione d’incassi in patria. Anche il film di Joseph Hsu è una storia familiare, ha la forma di un melodramma curato, ma un po’ vuoto, piacevole ma non memorabile. Il film sembra offrire un pathos e una coralità che rimangono in parte nel richiamo delle abitudini del genere, senza infondere vera vita ai personaggi e le loro dinamiche (3/5). (Ho promesso nel titolo solo cose belle, ma fra parentesi voglio completare la serie orientale citando Cities of the Last Things di Wi-ding Ho, Hong Kong 2018. Un film più piccolo di quel che vorrebbe, che prende il via da scenari futuristici e si svela attraverso una costruzione cronologica inversa, ma non mi ha colpito più di tanto. Spesso superficiale e con una storia sulle dinamiche che nutrono la violenza, tutto sommato, piuttosto banale, non mi ha lasciato grandi immagini o sensazioni. (2,5/5))

Chiudo con Malcolm & Marie (Sam Levinson 2021), anche questo su Netflix. Film da camera, girato con due attori e una location durante le restrizioni pandemiche, e film fighetto, dal momento che i due attori sono Zendaya e John David Washington che si misurano animatamente su alcuni aspetti dell’esistenza e dell’arte. Ma film che mi è piaciuto, e neanche poco. Una delle cose più divertenti è come le critiche sfavorevoli (ne ho lette alcune particolarmente ottuse) ricalchino perfettamente una delle idee centrali del film, ovvero che le critiche idiote siano innamorate di un’idea di cinema che rispecchia solo la vanità del critico stesso, e cerchino una coerenza elementare e posticcia che in realtà non ha a che vedere con il senso di qualsiasi processo artistico. Malcolm & Marie – una notte di confronto e scontro in bianco e nero, in una villa, fra un regista in carriera e la sua fidanzata ex tossicodipendente – è un pezzo teatrale ben scritto e ben riportato nel linguaggio del cinema. Uno specchio deformante che mostra quanto siano differenti le idealizzazioni delle relazioni e del cinema stesso, che vorremmo così definiti e finalizzati, dai moventi reali, che rimangono confusi e soggetti a mutazione, forme di (auto)inganno, come ogni buona dipendenza. Eccessivo quanto basta, sorretto da performance recitative consapevolmente marcate, Malcolm & Marie è molto meno patinato di quanto possa sembrare, ed è un buon inno all’incoerenza, alla mancanza di consapevolezza, all’idea che non tutto debba essere compiuto e comunicabile, anzi che buona parte dell’interesse che ognuno di noi riesce a conservare in vita, venga dalla predestinazione all’errore. (4/5)

2 pensieri su “Solo roba buona: Malcolm e Marie, A Sun, La Ragazza d’Autunno, The Witch, Little Big Women

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