L’attenzione social(mente) condivisa dura circa una settimana, ma quella settimana si concentra su un solo prodotto con un’ossessività totalizzante. Con le parti, sempre due, impegnate nel mettere in scena l’eterno scontro fra amore e odio. Strappare Lungo i Bordi (Zerocalcare 2021) ci tira fuori dalla sbornia di Squid Game per gettarci in un mondo di incomprensione linguistica, in cui migliaia di utenti si sono smarriti nel romanesco di Zerocalcare, doppiatore di tutti i personaggi della sua serie animata. Non sono romano, ma il tutto mi è parso comprensibile e le discussioni che ho letto mi hanno fatto sentire come se io avessi ricevuto il dono delle lingue, e loro fossero stati privati del dono di mettere i sottotitoli e non rompere le palle.
A parte questo, la serie di Calcare (6 episodi da meno di 20′ l’uno) funziona, fa molto ridere, fa riconoscimento generazionale e riflessione sul presente di tutti, è personale e universale. Il linguaggio di Calcare è quello dei suoi fumetti e delle prime sperimentazioni animate andate a Propaganda in tempi di lockdown. Della serie si è parlato tanto, personalmente l’unico appunto che mi sento di muovere è qualche discrepanza psicologico comportamentale. Specialmente quando i nostri vanno a incontrare i genitori di Alice e il racconto per un po’ continua a far finta che si tratti di due persone qualsiasi, da subire in quanto anziani molesti, senza dare peso alla loro condizione reale per poter offrire una sorta di colpo di scena più funzionale al racconto. La serie, comunque, vive più di singoli momenti che del suo intreccio complessivo, che serve più che altro da contenitore. (4/5)
Non ricordo se c’è stato qualcosa nel frattempo, comunque, a stretto giro, è scoppiata la beatlesmania. Niente da dire, Get Back (Peter Jackson 2021) è una cosa veramente bella, 8 ore confezionate da Peter Jackson mettendo mano alle circa 60 di riprese fatte da Michael Lindsay-Hogg nel 1969. Si potrebbe dire tantissimo, ma l’esperienza è vederlo. Il materiale di partenza è impressionante, con più camere, e quindi punti di vista, a riprendere i quattro e i loro ospiti, primi piani, dettagli ricercati e rubati. La scena è la crisi, la lavorazione ai pezzi di Let it Be porta a qualcosa che, per dirla come Giovanni Lindo Ferretti, “non è un disco, è psicoterapia selvaggia”.
I piccoli atti di sopraffazione dell’insostenibile Yoko Ono su Lennon, il modo di pensare continuamenti in musica di Paul, l'(auto)allontanamento di John, consapevole ma non meno doloroso, il cazzeggio musicale ininterrotto, che suggerisce come la sacralità dei Beatles sia un’idea cui tengono molto più i fan che il gruppo stesso. Il tutto per arrivare al famoso concerto sul tetto, l’ultimo live, anche questo documentato con fantastiche riprese “di contorno” in strada, nell’edificio, interviste ai passanti, ritratti di poliziotti che scalpitano. Momento marginale stupendo nel montaggio del concerto: una signora inglese che è esattamente Terry Jones travestito da signora inglese sbotta “Per me non ha nessun senso! Mi hanno svegliata e non mi ha fatto piacere!”. A completare il distillato di Monty Python i poliziotti accorsi per il frastuono che sostengono: Visto che è un film potete riprendere senza volume, poi lo doppiate. (4,5/5)
In questi giorni è arrivato da Netflix il nuovo argomento ghiottissimo, forte dei volti di Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence e del naturale magnetismo dell’apocalisse. Don’t Look Up (Adam McKay 2021) è molto buono nella prima parte, un giusto mix di angoscia per la fine del mondo e divertimento per la sua credibilissima sottovalutazione, un po’ meno ricco di idee nella seconda, ma in tutto un lavoro godibile. Il film diretto da Adam McKay è scritto in stampatello maiuscolo, eppure ci sono moltitudini di interpretazioni preferibilmente sballate o troppo letterali.
In sostanza, con la minaccia della cometa fine di mondo si mette in scena l’incapacità di comprendere la gravità di una situazione anche quando questa sia ben visibile e immediata, e si rimanda amaramente alle scarsissime possibilità che ha, quindi, un problema come quello del riscaldamento globale di essere preso sul serio. Incrociano inevitabilmente il discorso l’attualità pandemica e lo scarso appeal comunicativo di scienziati e titolati. Ancora, incompetenza dei politici, avidità dei multimiliardari tecnologici, confusione delle masse e stupidità assuefatta e autoindulgente dei media sono tutti argomenti messi sul piatto, spesso in maniera efficace. (3,5/5)